Introduzione alla stampa 3D a resina
Nell’immaginario collettivo dei primi decenni del XXI secolo, la stampante 3D è quello strumento che usa un filamento di plastica fuso (FDM) per produrre oggetti tridimensionali. In realtà negli ultimi anni c’è un’altra tecnologia di stampa 3D che ha conquistato quote di mercato a ritmi superiori rispetto ai modelli di stampante FDM: le stampanti che usano come materiale di stampa della resina liquida, che indurisce fino a formare l’oggetto desiderato.
Le stampanti a resina sono una famiglia di stampanti tra le quali i processi più comuni sono la stereolitografia (SLA) e l’elaborazione digitale della luce (DLP). Se pochi anni fa queste tecnologie erano complesse e costose, oggi le stampanti 3D SLA e DLP desktop consentono di produrre parti di qualità industriale a un prezzo accessibile, a cui si aggiunge l’ampia versatilità data dalla vasta gamma di materiali usabili con queste tecnologie.
Caratteristiche della stampa 3D a resina
Le stampanti 3D a resina sono ideali per la realizzazione di parti e prototipi ad alta precisione, soprattutto rispetto agli oggetti realizzati con la tecnologia a filamento fuso. Inoltre, sempre rispetto ai prodotti finali delle stampanti 3D FDM, gli oggetti stampanti con resina sono, isotropici, impermeabili e con una finitura superficiale liscia.
Come funzionano le stampanti 3D a resina liquida
Sia nella stereolitografia (SLA) che nell’elaborazione digitale della luce (DLP) la resina liquida viene esposta, in maniera selettiva, a una sorgente luminosa: un laser nella tecnologia SLA, un proiettore/display luminoso nella DLP. La resina ha la caratteristica di essere fotosensibile, per l’esattezza di essere un fotopolimero, e quindi di cambiare caratteristiche chimico-fisiche se esposti ad una sorgente luminosa. Nel caso della resina per stampanti 3D, questo polimero indurisce alla luce. Durante il processo di stampa l’esposizione forma strati solidi molto sottili, che si sovrappongono fino a creare un unico oggetto solido.