
La bottega della scuola: appunti dal laboratorio DM66 dell’IC Sanguinetto
Ogni laboratorio di formazione è un piccolo osservatorio privilegiato sulla scuola. In quello che racconto oggi, resto stupito dalla sua forza silenziosa: insegnanti che, chiuso l’anno, trovano energie per tornare tra i banchi. È naturale chiedersi cosa spinga i docenti a restare dopo scrutini ed esami, a riaprire la mente e varcare di nuovo la soglia di un’aula per quattro giorni, mattina e pomeriggio, proprio quando la tentazione della pausa si fa sentire più forte.
Forse è la stessa ragione che spinge anche me a restare vicino alla pubblica istruzione: l’amore per la pubblica istruzione come fondamento della democrazia, la consapevolezza che ogni scelta didattica è una scelta politica. È il piacere profondo per la conoscenza, il desiderio di imparare e condividere, anche quando sarebbe ovvio fermarsi.
Tutto questo l’ho ritrovato negli sguardi, nelle conversazioni, nelle scelte di chi (a fine giugno!) non per dovere, ma per curiosità, passione e voglia di innovare, ha scelto di esserci nei nostri quattro corsi. Sono storie di scuola pubblica che raramente finiscono sotto i riflettori, ma che rappresentano un motore silenzioso del nostro sistema educativo.




Una bottega di scuola e di comunità nell’Istituto Comprensivo di Sanguinetto e Casaleone
Grazie al PNRR e al DM66 (sigla misteriosa per molti, ma ben nota e temuta tra i corridoi delle segreterie e nelle aule insegnanti), ci siamo ritrovati in Veneto, tra le aule di Sanguinetto, per una formazione che sin dai primi minuti ha superato la cornice del “corso tecnico su strumenti didattici”. Insieme ad Oriana Persico, Agnese Romanò e con il supporto delle tutor Martina Lonighi e Valeria Marchi di Urbs Picta (associazione che anima l’arte contemporanea veronese e che desideriamo coinvolgere stabilmente nelle nostre incursioni tra Verona e “La Bassa”), abbiamo provato a trasformare l’aula in uno spazio vivo dove sperimentare, scambiarsi idee e mettere al centro la creatività didattica.

I quattro corsi, pensati ciascuno con un proprio focus, si sono intrecciati in modo naturale: i gruppi lavoravano su compiti diversi, ma condividevano strumenti, risultati e intuizioni. È stato un laboratorio corale, dove i materiali prodotti da un gruppo diventavano risorse per gli altri, e i momenti di confronto tra partecipanti dei diversi corsi sono stati occasioni di crescita comune, condivisione di competenze, strumenti e conoscenza.
Chi vuole curiosare tra titoli e programmi dei corsi, troverà tutto nel nostro pdf dedicato al DM66, non voglio entrare nel tema delle singole lezioni. Ma il senso profondo di questa esperienza non è nelle slide: sta nella forza che si crea quando un aula di docenti si mette in movimento.
Vorrei ringraziare, con gratitudine sincera, tutti i docenti coinvolti: la loro energia e generosità hanno portato freschezza e vitalità, contraltare delle torride giornate della pianura veronese. È stato un ritmo continuo, dalle 10 alle 18: tra una lezione e l’altra, i docenti non si sono mai davvero fermati. Non solo: c’è chi ha lavorato fuori orario, ritagliandosi spazi dopo cena per preparare testi, modelli 3D, persino strumenti autocostruiti per la realtà virtuale. Un impegno non richiesto, un tempo non dovuto: puro desiderio di trasformare ogni spunto in qualcosa di utile per la propria scuola e la didattica. È questa capacità di superare la fatica e l’orologio che restituisce senso all’insegnamento. Persone che credono nella scuola e decidono di esserci, anche quando nessuno li vede.
Riprenderemo volti, voci e nomi del corpo docenti in un prossimo contenuto, dedicato a interviste e progetti realizzati.



Un elemento davvero prezioso di questa esperienza è stata la presenza quotidiana della dirigente scolastica, Caterina Pagano: una figura curiosa e partecipe, sempre attenta a ciò che accadeva in aula. Ogni giorno passava nei laboratori, ascoltava, dialogava, ci presentava i docenti con ironia e affetto, valorizzando le qualità di ciascuno. E, in fondo, a vegliare con cura e passione sulla qualità di quanto veniva offerto al “suo” corpo docente e a condividere l’entusiasmo che si respirava nei gruppi. Non è scontato vedere una dirigente così presente e coinvolta. Un ringraziamento che sento doveroso è al personale di segreteria e in particolare a Maurizio Vadalà: sempre disponibili in questi mesi, concreti, pronti ad aprire porte e possibilità invece che chiuderle.


La scuola come atelier e riflettore sulla primaria
Questa settimana è stata, anche solo per il numero di maestre presenti nei quattro corsi, un focus sulla scuola primaria. Un grado scolastico dove il nostro approccio (strumenti aperti, attività laboratoriali, voglia di sperimentare e costruire insieme) trova terreno fertile. Qui la scuola si riscopre come atelier, non solo come luogo di “acquisto” di tecnologie chiuse o kit pronti all’uso (spesso con abbonamenti e licenze).
Questa differenza è davvero qualcosa che ci sta a cuore, ed è al centro della nostra visione. La scuola non come semplice cliente del mercato delle tecnologie didattiche. Ma spazio vivo in cui si progetta, si AUTOPRODUCE: software, hardware, contenuti. Abbiamo cercato di portare questa mentalità in ogni laboratorio. L’aspetto più bello è che molti docenti sono già su questa strada: c’è chi vuole “hackerare” dispositivi, adattare strumenti, adottare software aperti, immaginare kit su misura.
Certo, il tempo per formarsi non è mai abbastanza rispetto agli impegni scolastici, ma siamo orgogliosi di essere al fianco di chi prova a fare questo passo: da scuola-cliente a scuola-artigiana, ricercatrice, creativa, consapevole.
E questa trasformazione non è solo teoria o ideologia: abbiamo mostrato ecosistemi e piattaforme in cui maker e istituzioni condividono risorse opensource e abbiamo aperto un’account della scuola per condividere e documentare le nuove ricerche avviate proprio a partire da questo corso. Già alcune docenti hanno usato e migliorato un progetto 3D di matematica, citando l’autore e creando un ponte fra Sanguinetto e altri makers. Un piccolo segno concreto di una scuola che, insieme ai suoi docenti, sperimenta, produce e condivide, mettendo davvero in circolo idee, strumenti e buone pratiche. Un esempio che speriamo possa ispirare altre scuole a fare rete e a diventare, sempre più, veri centri di ricerca del sapere e della cittadinanza.


Hi-Storia 2.0
Durante il percorso abbiamo dato spazio anche a idee e proposte nuove. Hi-Storia, con i suoi dispositivi, è diventato terreno anche per le primarie, immaginando come costruire percorsi adatti anche ai più piccoli. E abbiamo presentato in anteprima la nostra “Biblioteca del marmo e dei mattoni” (il nome è provvisorio): un invito a narrare il territorio attraverso la letteratura, intrecciando i temi del patrimonio culturale con i grandi temi della narrativa e della poesia.
Abbiamo parlato di tecnica e tecnologia, certo – disegno e stampa 3D, realtà virtuale, audio digitale – ma senza mai perdere lo sguardo critico. Agnese Romanò, che ringrazio anche qui per la qualità e la passione, ha aperto una finestra su nuovi linguaggi e possibilità: la realtà virtuale, introdotta con delicatezza e profondità, potrebbe diventare un vero filone di ricerca educativa, non solo un laboratorio da replicare. Nella sua incursione tra VR e visori, Agnese è stata affiancata dall’effervescente vice-preside Fernando Panarese, unico uomo tra i corsisti e prezioso contributore di idee e soluzioni “hacker” che hanno dato una marcia in più al gruppo.






Oriana Persico, con la sua energia e la naturale attitudine a creare relazioni, in questo viaggio condiviso Hi-Storia / HER ha trasformato il laboratorio in una piccola comunità in movimento. È riuscita a portare sempre l’attenzione su una postura profondamente politica, ricordando come i docenti siano (e debbano sentirsi, un sentimento mai come adesso così necessario) un vero corpo politico della società. Non ultimo nel discutere su dinamiche collettive e sociali, dai costi dei prodotti sul MEPA fino alle dinamiche di genere nelle carriere della pubblica istruzione. E poi cura per il gruppo, entusiasmo contagioso: elementi che non sono mai mancati grazie alla sua presenza.
Come sempre, ci siamo lasciati con un sentito “arrivederci”. La promessa è quella di non sparire dopo la formazione, ma di restare al fianco delle scuole e di questa scuola: sia per inserire le tecnologie nella didattica curricolare, sia per accompagnare i docenti in nuovi progetti, anche extracurricolari, come abbiamo fatto con altri percorsi del DM19 o con i PON.


“Chi ce lo fa fare?”
C’è una domanda che, prima o poi, arriva sempre: “Ma chi ve lo fa fare?”
E forse, ogni tanto, se lo chiedono anche i docenti stessi, soprattutto quando (a fine giugno, dopo gli scrutini) si ritrovano di nuovo in aula, a costruire e condividere.
Per me la risposta resta la stessa, oggi come ieri: sento, come cittadino democratico, l’urgenza di dare amore all’istruzione pubblica, di essere presente e di incoraggiare il maggior numero possibile di progettisti e pensatori a fare lo stesso.
A chi pensa che la scuola debba limitarsi all’insegnamento di italiano e matematica, ricordo che il sistema educativo è anche un arbitro culturale, con il potere (e la responsabilità) di valorizzare certe conoscenze e non altre.
L’educazione tecnologica, oggi, è un requisito di democrazia: serve apertura, appropriazione di strumenti accessibili e liberi, un impianto formativo che renda docenti e studenti protagonisti di una storia tecnologica tutta da scrivere. Insieme.



In questo senso, essere accanto ai docenti è forse una delle azioni più radicali che si possano compiere oggi.
Per questo auspichiamo che la formazione dei docenti venga non solo confermata, ma potenziata e resa più attenta ai loro reali bisogni: prendendosi il giusto tempo, mettendo la progettazione didattica al centro e non la vendita di prodotti, senza rincorrere mode. Senza fretta, ma con la cura e l’ascolto di chi lavora ogni giorno in classe.
Solo così, passo dopo passo, si può dare forma a una scuola che non ha paura di innovare, che non si piega alle logiche di mercato, che non teme la complessità e che sceglie ogni giorno di essere motore di futuro.


La parola alle corsiste: le insegnanti dell’istituto
A fine corso le nostre corsiste-insegnanti hanno dato due feedback, uno video e uno audio.
Il video è disponibile anche su Youtube, all’url: https://youtu.be/SO9Vcl90wCs. Mentre l’audio, sotto forma di podcast, è stato prodotto dalle stesse corsiste del corso “I sensi del Patrimonio Culturale”, realizzando un contenuto per podcast utilizzando il software open-source presentato alla classe, Audacity. I primi 50 secondi sono dedicati all’intro della dirigente, se hai già visto il video puoi saltare quella parte.